Venerdì 12 Febbraio. Ore 11:50. La sala d'aspetto è glaciale. Mia sorella sarà bloccata nel traffico. L'anestesista poteva evitare di parlare in quel modo preoccupato e preoccupante alla mamma quando non ero ancora arrivato. Adesso è scoraggiata, lo avverto. Se ne sta seduta in quella sedia scomoda assorta nei suoi pensieri, gli occhi gonfi e rossi, le mani in tasca. Si alza, mi abbraccia. La sento fragile. Io, impotente. Si avvicina alla piccola finestra grigia d'alluminio. La immagino guardare le macchine sulla strada che sale verso il parcheggio e poi la vedo volgere lo sguardo in fondo, verso il mare. La giornata è splendida, ma fine a se stessa. La osservo dirigersi di nuovo verso la solita sedia.
"Mettiti qua!" le indico la poltrona marrone in finta pelle all'angolo.
Mi dice un no secco con la testa e va a sedersi.
"Mamma, dai vieni qua!"
"Non voglio stare comoda!" mi gela.

Posso?

si avvicina alla finestrella d'alluminio (troppi aggettivi di seguito)
La giornata è inutilmente splendida.
Verso la stessa sedia.

Detto questo, è molto bello. La giusta tensione, la chiusa che dà un'immagine perfetta della madre nella sua angoscia controllata.

Concordo in pieno con le ultime due osservazioni di doxa (non con la prima. Io toglierei solo grigia, se proprio dovessi eliminare qualcosa) e col giudizio sul microracconto.
Buona prova!

Vedo che te la sei cavata egregiamente anche con le 900 battute spazi inclusi

Trovo che le annotazioni fatte rendano lo stile più incisivo. Poi c'è la frase "La immagino guardare le macchine..." prima la immagini che guarda e poi la vedi volgere lo sguardo. Mentre leggevo mi sono persa in questo punto, secondo me penalizza la fluidità.
"Volge lo sguardo dalle macchine in strada al mare in fondo" oppure "Guarda le macchine in strada e poi il mare".

Un corto ricco di pathos. Bravo.

grazie per l'apprezzamento e per i suggerimenti

saluti
alessandro